Contenuto, da noi tradotto, del n° 52, del dicembre 2011, dellaLettre à nos frères prêtres, edita dal Distretto francese della Fraternità San Pio X. « LNFP – 11 rue Cluseret, 92280 Suresnes Cedex - Francia» Posta elettronica: scspx@aliceadsl.fr Consultazione dei numeri arretrati, nel sito La Porte Latine Indice |
Editoriale di Don Régis de Cacqueray
Superiore del Distretto di Francia e Direttore di Lettre à nos frèfres prêtres
La questione della dottrina proposta dal Vaticano II a riguardo della libertà religiosa nell’ordine sociale e civile, la cui sintesi è costituita dalla Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, è stato uno dei «punti caldi» del Concilio, forse il più contestato.
Semplificando, si può dire che la dottrina di Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa si articola in due punti. Da un lato, l’affermazione (del tutto tradizionale e che nessuno contesta) che nessuno dev’essere costretto ad abbracciare la vera fede. Dall’altro, l’affermazione (nuova e inusitata) che nessuno dev’essereimpedito ad esprimere una qualsiasi credenza religiosa. Questo secondo punto è contestato da noi, da sempre, non nei fatti (per molti aspetti oggi, nell’ordine civile, è necessario tollerare l’espressione di credenze diverse), ma per il diritto all’errore che avrebbe la persona umana e che lo Stato dovrebbe riconoscere.
Ricordiamo dunque, per evitare ogni equivoco, che la dottrina tradizionale non impedisce affatto che si possa affermare che, dal punto di vista della prudenza politica, possa essere necessario e legittimo accordare la libertà civile in materia religiosa e quindi non impedire o proscrivere i culti diversi da quello della Chiesa cattolica. Questa possibilità di una tolleranza, perfino molto ampia, è stata esplicitamente considerata dal Papa Pio XII nel 1953.
E tuttavia, una cosa è la tolleranza di fatto, cioè una libertà civile, altra cosa è affermare che l’uomo, per natura, possiederebbe un diritto a tale libertà.
Superiore del Distretto di Francia e Direttore di Lettre à nos frèfres prêtres
La questione della dottrina proposta dal Vaticano II a riguardo della libertà religiosa nell’ordine sociale e civile, la cui sintesi è costituita dalla Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, è stato uno dei «punti caldi» del Concilio, forse il più contestato.
Semplificando, si può dire che la dottrina di Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa si articola in due punti. Da un lato, l’affermazione (del tutto tradizionale e che nessuno contesta) che nessuno dev’essere costretto ad abbracciare la vera fede. Dall’altro, l’affermazione (nuova e inusitata) che nessuno dev’essereimpedito ad esprimere una qualsiasi credenza religiosa. Questo secondo punto è contestato da noi, da sempre, non nei fatti (per molti aspetti oggi, nell’ordine civile, è necessario tollerare l’espressione di credenze diverse), ma per il diritto all’errore che avrebbe la persona umana e che lo Stato dovrebbe riconoscere.
Ricordiamo dunque, per evitare ogni equivoco, che la dottrina tradizionale non impedisce affatto che si possa affermare che, dal punto di vista della prudenza politica, possa essere necessario e legittimo accordare la libertà civile in materia religiosa e quindi non impedire o proscrivere i culti diversi da quello della Chiesa cattolica. Questa possibilità di una tolleranza, perfino molto ampia, è stata esplicitamente considerata dal Papa Pio XII nel 1953.
E tuttavia, una cosa è la tolleranza di fatto, cioè una libertà civile, altra cosa è affermare che l’uomo, per natura, possiederebbe un diritto a tale libertà.