PERCHÉ PAPA RATZINGER-BENEDETTO XVI
DOVREBBE RITIRARE LE SUE DIMISSIONI.
di Enrico Maria Radaelli
L’11 febbraio 2013, festa della Santa Vergine di Lourdes, il
mondo ha ascoltato impietrito il Comunicato con cui è stato annunciato che Papa
Joseph Ratzinger-Benedetto XVI ha dato le dimissioni, con effetto il giorno 28
dello stesso mese, dal suo altissimo Trono di Vicario di Cristo, di Sommo Romano
Pontefice, di Vescovo di Roma e del mondo.
Le motivazioni adombrerebbero un sentimento di
riconoscimento razionale e ponderato di insufficienza della persona, ormai
molto avanti negli anni, impossibilitata ad affrontare i doveri cui è chiamato un Pontefice “del giorno d’oggi”,
ossia davanti al carico immenso, sempre più oneroso, oramai davvero
soverchiante, dell’altissimo ufficio.
Quel che qui si vuole esprimere potrebbe contrastare in qualche
misura o anche totalmente il punto di vista di persone religiose di diversa
sensibilità da quella di chi scrive, ma mi si permetta di esporre il mio
convincimento prendendolo quale vuol essere e non come forse nella foga del discorso
potrebbe apparire: una del tutto possibile congettura, un’ipotesi di lavoro;
certo: ragionevolmente convinta, adeguatamente argomentata – si crede –
logicamente e scritturalmente, che non vuole avere alcuno scatto di
perentorietà se non quello di sollecitare il tempo a fermarsi almeno per
qualche attimo, così da avere almeno per un giorno il sole fermo, e così non
permettere ciò che, nella prospettiva qui da me aperta, l’irreparabile appunto,
davvero avvenga.