ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 11 novembre 2014

Vincitori e vinti

I nuovi Francescani dell’Immacolata: metafisica dell’immanenza? di Don Ambrogio Beretta

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Da circa un anno, si discute dei Frati Francescani dell’Immacolata (sigla: FFI).
Dagli articoli e documenti pubblicati sui siti, blog, profili facebook e riviste (cfr. il sito ufficiale FFI, “Libertà e Persona”, “Riscossa Cristiana”, “All Christian“, “Chiesa e post Concilio”, “Corrispondenza Romana”, “Rorate Coeli”, “Unavox”, la rivista “Testimoni”, articoli dei quotati vaticanisti Tosatti e Magister e altri), nonché dalle “voci del popolo”, si possono ricavare alcune osservazioni, oggetto di questo articolo.
Qui non si vuole dare un giudizio morale e definitivo dei soggetti, in quanto si presuppone la loro buona fede. Si vuole semplicemente offrire un piccolo contributo, sperando che possa essere utile alla riflessione su un caso che ha creato grande scandalo tra i fedeli.
I limiti del lavoro sono imposti dall’articoletto, in quanto tale; dalla mancanza di dati fondamentali, quali:
  1. Le dichiarazioni depositate presso la Santa Sede dai primi accusatori del governo di p. Stefano Manelli, fondatore dei FFI.
  2. La conoscenza della psiche, della moralità e della buona fede degli accusatori.
La carenza di questi, e altri dati, permette un’analisi solo induttiva, che, a partire dalle esperienze, cerca di desumere i principi generali.

I piacioni


La Chiesa si dissolve nel Partito Radicale di Pannella?martedì 11novembre 2014

È pervenuta in Redazione:Caro Alessandro Gnocchi,ho letto recentemente un interessante articolo di Maurizio Blondet che cerco di riassumere nei suoi punti principali, sul quale mi piacerebbe avere un suo parere.Blondet fa la seguente sintesi del pontificato di papa  Bergoglio: cordiale amicizia con Scalfari, il quale ha potuto dire (senza essere smentito) che questo Papa “ha abolito il peccato”; affermazione della libertà assoluta della coscienza privata; aperture agli omosessuali e Comunione ai divorziati risposati; assicurazione che Dio non è cattolico; abbraccio ai pentecostali protestanti americani di cui si dichiara “fratello” e che non ritiene necessario convertire alla Presenza Reale; visita al pastore carismatico-luterano di Caserta, a cui ha chiesto scusa per le “persecuzioni” che  i carismatici avrebbero subito durante il fascismo (una balla); dichiarazione contro la pena carceraria dell’ergastolo.

La luce nella notte dei demoni

Il caso dell’insegnante di Moncalieri e i Pastori tremebondi di una Chiesa allo sbando  

Le dichiarazioni dell’arcivescovo di Torino sono scandalose. La penosa litania su “rispetto e accoglienza” è in verità una resa al mondo, nei suoi aspetti peggiori. Scordandosi anche, il che per un Pastore della Chiesa non è poco, che è in ballo “soltanto” la salvezza – o la dannazione – eterna. Abbiamo comunque avuto, dalle parole stesse di Mons. Nosiglia, la dimostrazione degli effetti devastanti del recente sinodo.

di Paolo Deotto
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Il caso dell’insegnante di Moncalieri, finita sotto il fuoco dei difensori delle perversioni solo perché ha detto cose arcinote riguardo al problema degli invertiti (clicca qui e qui), ha messo in luce per l’ennesima volta lo stato confusionale grave in cui versa buona parte della gerarchia della Chiesa cattolica. E sappiamo bene chi è il principale artefice della confusione, figlia della menzogna.
Possiamo parlare a lungo di ciò che hanno detto le varie associazioni pro-perversioni; possiamo deprecare quanto vogliamo le solite dichiarazioni di presidi, politici, e vari “maitre à penser” di cui è infestata la nostra società malata. Non troveremo nulla di nuovo, né dobbiamo stupirci, sia per la diffusissima tendenza al conformismo, sia perché il vento di pazzia ha ormai travolto buona parte della società.
Il vero scandalo è stata la dichiarazione di Mons. Nosiglia, arcivescovo di Torino, che anziché schierarsi con decisione in difesa dell’insegnante, ha iniziato l’ormai consueta arrampicata sugli specchi, fatta di frasi trite e ritrite («Non credo che a scuola, per di più in una scuola pubblica, si debba affrontare la discussione in questo modo. Si è in un ambiente educativo, dove si forma la persona, bisogna ispirarsi a principi quali il rispetto e l’accoglienza. Soprattutto ora, dopo la discussione che c’è stata all’interno della Chiesa») e provvedendo anche, con scarsa eleganza, a “scaricare” l’insegnante che ha espresso solo “opinioni personali”.
La sodomia è uno dei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”. Questo un arcivescovo può scordarlo? Oltretutto, continuando con questa stucchevole faccenda del “rispetto e dell’accoglienza” si ottiene il lodevole risultato di non aiutare l’omosessuale a correggere la sua condotta, che inevitabilmente lo porta alla dannazione eterna. Il vero rispetto, per un cattolico, non può certo prescindere dall’operare per la salvezza delle anime.
Cerchiamo anche di non usare le parole a casaccio. “Rispetto e accoglienza”? E per chi? Per gli omosessuali?
Ma, scusate tanto, perché mai dovrei accogliere con rispetto chi coltivando un ripugnante vizio rovina sé stesso e corrompe chi gli è accanto? L’invertito non fa nulla di rispettabile, né tantomeno nulla degno di essere accolto. L’invertito è un individuo pericoloso, per sé stesso e per gli altri, e tanto più lo diventa in questo clima di pazzia generalizzata nel quale il vizio viene ormai contrabbandato come normalità, se non addirittura anche come cosa bella e buona.
“Rispetto e accoglienza” sono dovuti a tutti, in quanto esseri umani, ma non è possibile, e ripugna anche alla ragione, che si prescinda dalle azioni che una persona compie. Se ci sono azioni perverse ci sarà il chiaro e indiscutibile dovere di fare il possibile per bloccare queste azioni e anche, ovviamente, per far capire al reo la necessità, per il suo bene, di cambiare strada.
Che ne direste se qualcuno si mettesse a predicare “rispetto e accoglienza” per rapinatori, o per assassini o, cosa – pare – terribile, per mafiosi e per evasori fiscali? Le prefiche in servizio permanente effettivo ululerebbero dallo sdegno.
Ora, chi fa più danni? Un assassino o un invertito, tanto più se ostenta e addirittura propaganda la sua perversione?
Un omosessuale, non scordiamocelo, e a maggior ragione un omosessuale “convinto”, che vuol difendere il suo stile di vita, offende direttamente il Creatore, negando le evidenze stesse della creazione, bestemmiando ogni volta che paragona le sue perverse abitudini all’amore, perché l’amore, quello vero, trova il suo primo e indiscutibile parametro nel Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo.
Riserviamo il “rispetto e accoglienza” a quegli omosessuali che vivono nel dolore e nel segreto il loro atroce vizio e fanno il possibile per guarirne, e cercano chi possa aiutarli in questo. Ma il fatto che un arcivescovo, un pastore della Chiesa, un successore degli Apostoli, si dimostri così conformista da rifugiarsi in generiche affermazioni che lo “salvano” dalle critiche del mondo e che favoriranno la dannazione eterna di tanti omosessuali, che si sentiranno per l’ennesima volta “de facto” giustificati, un fatto di questa portata è a nostro avviso scandaloso.
Del resto, cosa attendersi da una Chiesa che nel recente sinodo ha messo in discussione, dietro l’ormai logoro paravento della pastorale, gli stessi principi fondamentali della morale cattolica? Cosa attendersi da una Chiesa che perseguita senza il minimo pudore i pochi sacerdoti, religiosi o secolari che siano, che ancora vogliono custodire e vivere la vera Fede?
Quando Don Abbondio, cercando goffamente una scusante per aver ceduto alle prepotenze di Don Rodrigo, dice al Cardinale che i bravi del prepotente signorotto lo avevano minacciato di morte, il Cardinale cosa gli dice? Gli dice che nessuno, al momento dell’ordinazione sacerdotale, garantisce la vita al sacerdote, poiché questi dovrà essere sempre e comunque testimone della Verità. “Usque ad effusionem sanguinis”.
Questa è la Chiesa che abbiamo, guidata del resto dal Papa che abbiamo; non ce ne sono altre. Assistiamo turbati a viltà, tradimenti, mondanizzazione. Si fa sempre più urgente, insieme alla denuncia da fare sempre, senza paura, un intenso apostolato della preghiera perché la Chiesa ritrovi sé stessa. Solo per Grazia di Dio si potrà uscire dall’abisso in cui si è caduti e la Grazia di Dio si ottiene con le opere buone, mai disgiunte dalla preghiera e dal digiuno, armi necessarie per vincere i demoni. Ripeto: i demoni.

–  di Paolo Deotto Redazione

La società fondata sulle parole – di Patrizia Fermani

Redazione
Nella società contemporanea si è verificata una sorta di appropriazione indebita del termine “diritto” che un po’ tutti usano con negligenza e irresponsabilità. Senza mettere in conto che soprattutto sui suoi equivoci viene costruito l’ariete per demolire giorno dopo giorno la cinta muraria di una intera società.
di Patrizia Fermani
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zztrrbblLa confusione delle idee domina il discorso pubblico come quello privato, ed è confusione di parole che, come diceva Ratzinger, non hanno la riserva aurea del pensiero. Ma non è un fatto casuale. L’omologazione forzata dell’occidente, è avvenuta attraverso la illusione della libertà totale che ha fatto a meno della verità e delle parole che la esprimono . La parola non trasmette più il pensiero per il quale è stata forgiata, e quindi un suo codice tendenzialmente stabile, ma diventa ottimo veicolo di persuasione occulta adattabile a tutti gli usi del momento. Infatti siamo indotti ad appagarci facilmente di parole fasulle incapsulate nelle formule, rinunciando sia alla fatica personale del ragionamento e alla grazia delle idee sia ad un intero patrimonio di sapienza ed esperienza.
Le parole non sono mai innocue se usate a sproposito. Anche se in una memorabile seduta della Camera, grazie alla sensibilità presidenziale, ne fu ritenuta esecrabile una che era stata usata a proposito anche da Dante.
Ma oggi ad essere falsate sono quelle che esprimono le esperienze fondamentali della vita dell’uomo, e viene edificata così la moderna Babele abitata dall’uomo nuovo, che è al centro della rivoluzione permanente dell’etica, mentre il linguaggio abusato serve alla “ rieducazione “ mediatica del popolo ormai spogliato di un buon senso fuori moda. Del resto tutte le rivoluzioni hanno affidato a parole chiave adattate al programma eversivo, il compito di arruolare i nuovi eserciti.
La dignità, l’amore, la civiltà. Il dialogo. Il confronto, la libertà, la natura, la persona, la famiglia che ha scoperto di poter essere perfino “tradizionale”, e da ultimo anche la misericordia, sono pelletteria contraffatta che trova acquirenti ad ogni angolo di strada. Uno degli articoli più venduti di questa industria delle parole fasulle è stata ovviamente la democrazia. Essa è diventata l’ombrello magico di qualunque realtà politica, comprese le varianti delle dittature comuniste, ma anche delle fantasiose trovate libertarie che ci vengono propinate quotidianamente in nome dell’ egualitarismo democratico o del caos per tutti.
 Ma la contraffazione della “democrazia” va a braccetto con quella del diritto che ne diventa la carta vincente. Ed è proprio sul suo abuso anche linguistico che si consuma ormai la attuale indiscussa rivoluzione culturale. Infatti la mistificazione lessicale del diritto, alimentata mediaticamente, prelude fatalmente all’accettazione collettiva delle scelte legislative più paradossali.
Persino la Chiesa, che era stata antica maestra del diritto, che ne aveva fondato le scuole e custodito il patrimonio, oggi sembra non comprenderne più la sostanza quando, facendo proprie le distorsioni del linguaggio giuridico, perde anche di vista l’unica propria legge di riferimento, la legge naturale dettata da Dio.
 Il paradigma di questo abuso generalizzato ci è dato ora dai cosiddetti “diritti degli omosessuali”, correlati con quelli delle “coppie di fatto”. Formule ritenute imprescindibili persino da chi vorrebbe mostrarsi su posizioni critiche.
Diritto, in senso stretto, sta anzitutto ad indicare le leggi create dall’uomo che, ordinate in sistemi, danno luogo agli ordinamenti giuridici e quindi al diritto oggettivo. Quando poi la legge positiva accorda una certa tutela alla pretesa individuale riconosciuta meritevole di protezione giuridica , nasce il diritto soggettivo che come tale potrà essere fatto valere anche davanti al giudice. Tuttavia poiché la tutela concessa dalla legge ad un certo interesse comporta anche il sacrificio di risorse collettive, è necessario che essa corrisponda in qualche misura anche ad un interesse generale, secondo quell’ orientamento al bene comune che dovrebbe guidare sempre l’attività del legislatore.
 In un senso o nell’altro, il diritto è di per sé realtà di valore relativo, mutevole, perché  legata alla storicità delle leggi dell’uomo, e a quella degli interessi individuali che tali leggi elevano a diritti soggettivi, e alla relatività dei rispettivi valori di riferimento, e lascia irrisolto il problema della giustizia sostanziale delle leggi.  Ma proprio per questo, già molto prima che il Cristianesimo indicasse nella legge naturale scritta da Dio, anche un criterio superiore di giustizia cui devono obbedire le leggi umane,  la cultura antica sapeva che queste non sono necessariamente anche giuste e che sopra la volontà del sovrano c’è la volontà divina. Lo sapeva Salomone quando invocava la grazia di essere un legislatore giusto. Lo aveva gridato Antigone. Questo criterio superiore sul quale le leggi devono modellarsi è la difesa dall’arbitrio del legislatore e da quello dell’uomo sull’uomo.
zzblOra nelle formule che abbiamo preso a campione, vediamo anzitutto che il “diritto” perde il significato di interesse  riconosciuto dal legislatore come meritevole della forte protezione della legge, mentre vi viene incorporata l’idea che ogni pretesa espressiva di una volontà desiderante abbia  già in sé la propria giuridicità. In altre parole, la pretesa nasce già come diritto per il quale si deve richiedere tutt’al più una consacrazione formale da parte della legge positiva. È solo grazie a questa inversione logica, infatti, che si può parlare dei diritti “di “ qualcuno, prima ancora che la legge li abbia creati, li abbia cioè attribuiti “a “ qualcuno, cioè si può parlare quasi compulsivamente di diritti “degli omosessuali“ e dei diritti “delle coppie di fatto”  come fossero una realtà acquisita e indiscutibile che aspetta soltanto di essere formalizzata, prima ancora che  tale riconoscimento giuridico sia avvenuto. Ovviamente non si tratta affatto di un parlare sciatto ma innocuo. La conseguenza sconcertante è infatti che l’esistenza dei “diritti degli omosessuali” o “delle coppie di fatto”, appare tanto pacifica, che quasi nessuno si azzarda più a metterla in discussione, e che tutt’al più si ammette pensosamente l’esistenza di un problema di limiti e di forme. Eppure a nessuno verrebbe in mente di considerarsi titolare del diritto di proprietà di una casa per il solo fatto di volerla acquistare, e a nessuno verrebbe in mente di considerare Tizio proprietario di quella casa per il solo fatto che egli desidera averla per sé a tutti a tutti i costi.
D’altra parte dietro quell’apparente equivoco terminologico c’è in realtà la strategia di una vera e propria campagna di conquista che ha già prodotto i suoi frutti perché il sovvertimento dell’idea di diritto finisce per influenzare le scelte collettive e si fa strada l’abitudine mentale a pensare che quei fantomatici “diritti” esistano e non debbano quindi essere messi in discussione, dato che tutti ne parlano senza esitazioni.
  Ma attraverso quelle formule, oltre all’idea che il diritto non venga creato dalla legge ma la preceda, ne viene inoculata un’altra. Quella per cui ogni pretesa che esprima una volontà desiderante, sia perciò stesso meritevole di tutela e racchiuda in se stessa un valore, indipendentemente dalle esigenze del bene collettivo.
In questo riconoscimento a priori di valore alla pretesa che ha ad oggetto semplicemente il desiderio personale, ovvero ”lo proprio particulare” eretto a valore, si manifesta il dato che caratterizza tutta la antropologia contemporanea: la supremazia dell’io e delle sue pulsioni. Ciò che viene desiderato deve diventare diritto perché in principio non c’è il Verbo, ma l’io. Quello con cui dialoga quotidianamente Scalfari, per delega pontificia maestro indiscusso in utroque, di morale laica e ora anche cattolica, folgorato dalla teologia ispanica su via della Conciliazione.
Ora è innegabile come questa diffusa pretesa di elevare  i desideri  a diritti soggettivi, sia l’ultimo approdo che segna lo straripamento del relativismo: esso va a fagocitare la stessa funzione ordinatrice del diritto oggettivo, e la volontà individuale diventa il criterio per stabilire ciò che è il bene.
Non per nulla si sventolano le Dichiarazioni dei neonati stati americani in cui trionfa, anche al di là delle intenzioni degli estensori, nientemeno che il “diritto alla felicità”. Che siccome non vuole dire nulla e non significa nulla di serio in seno al diritto, è una pietanza che ora non manca mai nella paccottiglia libraria e televisiva, e neppure manca mai di essere il punto di forza delle pensose riflessioni delle Concia , degli Scalfarotti, dei Recalcati, delle Marzano, di interi eserciti di omo socio psico pedagoghi, persino della sempre dialogante cultura ciellina, e da ultimo, finalmente, della ancor più dialogante, liberatoria, ben arieggiata, teologia vaticana. Così l’aspirazione personale, qualunque ne sia l’oggetto desiderato, viene eretta a causa prima legittimatrice del preteso “diritto”,  non importa se magari in conflitto anche con la legge naturale e con la ragione.
 La carriera folgorante dell’uomo moderno alla fine può essere riassunta tutta in questa conquista del diritto alla felicità, secondo prescrizione di legge, che avrebbe creato qualche turbamento ai giuristi classici come a San Tommaso e che ha il proprio motore nella libertà negativa. Quella in nome della quale oggi si può proclamare persino la bellezza del suicidio proprio e altrui!
Intanto, quasi nessuno dei tifosi della altrui felicità pare rendersi conto che dietro ai “diritti degli omosessuali”, c’è anzitutto una organizzazione potente esperta nelle strategie necessarie per le proprie conquiste di categoria. In questa strategia viene utilizzata con profitto anche la carta fasulla delle coppie di fatto che lungi dal rispondere ad una qualche esigenza “corporativa”, rappresentano solo la trovata strategica capace di consentire agli omosessuali l’accesso all’anticamera del matrimonio, da dove si arriva senza sforzo anche all’adozione dei minori. E la trovata è tanto efficace e ben congegnata da avere catturato senza colpo ferire, con poche confortanti eccezioni, tutta la più aggiornata intellighenzia ecclesiastica.
Intanto un altro fattore lessicale viene a rafforzare questa prospettiva ormai comunemente accolta: con  sapienza persuasiva, per dare peso istituzionale a queste pretese elevate magicamente a diritto, esse vengono addirittura inserite nella teca dei “diritti civili”, categoria per certi versi superata ma munita di innegabile forza suggestiva. Infatti, con i diritti civili non si scherza: essi evocano tutte le storiche rivendicazioni dei sudditi nei confronti dello Stato, e appartengono perciò alla storia patria. Quindi più o meno tutti sentono la gravità del richiamo e nessuno si azzarda più a pensare che la faccenda possa essere trascurata. I “diritti degli omosessuali“ sono “ diritti civili”, come l’elettorato attivo e passivo, per intenderci, la cittadinanza e il diritto al nome. Come si vede, un risultato di tutto rispetto.
Ma  lo smottamento dal concetto di diritto a quello di pretese dissennate che si autocertificano come diritti e addirittura come “diritti civili”, senza incontrare ostacoli,  merita un rilievo ulteriore . Infatti, quando si parla del “riconoscimento “ non “ di diritti “a qualcuno”, ma “dei diritti” di qualcuno,  viene  anche insinuata l’idea che si abbia a che fare con dei valori oggettivi cui spetta solo riconoscimento formale, perché essi sono connessi alla natura umana e appartengono all’uomo in quanto uomo. In altre parole si cerca di suggerire che essi siano sullo stesso piano di quegli altri diritti fondamentali che ognuno si porta appresso e può far valere in ogni momento contro chi ponga ostacoli alla loro realizzazione pratica. Insomma viene ventilato il richiamo sempre suggestivo ai famosi “diritti umani”. L’idea ovviamente è risibile quanto cervellotica , ma la cosa non è banale perché oggi tutto si gioca, appunto, sulla persuasione occulta. Per questo qui può tornare utile considerare un aspetto più generale  e inquietante della attuale manipolazione del concetto di diritto.
Come è noto quella” dei diritti umani “ è conquista moderna.  Prima c’era la visione cristiana dell’uomo che per essere stato forgiato da Dio a Sua immagine e somiglianza, godeva per questo di uno statuto privilegiato rispetto ad ogni altra creatura. Ma la civiltà occidentale ha ritenuto di potersi emancipare dal cristianesimo e di staccare il diritto dalla legge naturale. Marsilio da Padova ha separato la legge divina da quella umana proclamando la indipendenza dello Stato da qualunque sistema di valori diverso da quello che esso stesso si sia dato. Quando è emersa la necessità di una tutela del suddito nei confronti del potere sovrano, è stata teorizzata la intangibilità di certi diritti fondamentali,  anche se legati a situazioni storicamente determinate.  Tuttavia si è trattato di un’etica giuridica tutta concentrata fin dall’inizio  proprio sul rapporto tra suddito e sovrano ovvero tra cittadino e Stato. E in questa prospettiva anche i diritti riconosciuti al suddito sono stati comunque una emanazione del potere dello Stato. Questo era stato anche  il significato della Magna Charta che proclamava i diritti del suddito, ma pur sempre come  elargiti benignamente dal sovrano. Ciò  non toglie che col tempo si sia fatta strada l’esigenza di proclamare universalmente l’intangibilità da parte di qualsivoglia legislatore e potere politico, di quei valori che appartengono all’uomo in quanto uomo, e sono a priori suoi diritti inviolabili.  Su tale idea verranno formulate le  Dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo , quasi versione laica della teoria della legge naturale perfezionata da San Tommaso per la teologia cattolica. Ma pur sempre emanazioni  di un potere politico e fondate sul presupposto della  autonomia dei valori di riferimento.
Per questo non bisogna dimenticare che in realtà, ed è un aspetto non poco inquietante,  anche i “diritti umani” sono legati alle burocrazie internazionali o alle Costituzioni nazionali che li contemplano e sono anch’essi relativi, variabili, riformabili a seconda delle circostanze politiche e dal consenso mediaticamente preparato, e possono non avere nulla a che fare con la legge naturale assoluta, cioè con la legge di Dio.  Non per nulla quelle burocrazie sono arrivate a partorire perfino i “diritti riproduttivi ”, che sono il diritto della donna di uccidere il bambino che ha in grembo, il cui diritto alla vita, garantito questo sì dalla legge naturale, viene così declassato senza indugio di fronte al supposto diritto di libertà della madre.
Così mentre la legge naturale riconducibile alla volontà di Dio, quella che è stata codificata dai comandamenti e dal Vangelo, è immutabile data l’invariabilità del Suo legislatore, (al di là di quello che pensano i Kasper, i Forte e il Parlamento sinodale in sintonia col vescovo di Roma), le Carte dei diritti e le Dichiarazioni solenni adottate nei consessi internazionali, hanno una matrice politica e culturale che ne segna il limite. Così anche i diritti umani tendono a diventare non tanto quelli che appartengono all’uomo, quanto quelli che dall’uomo possono essere creati. Infatti, trovando il proprio modello soprattutto nella Dichiarazione dell’89,  portano con sé l’ insanabile vizio di origine della  libertà assoluta dell’uomo quale valore fondante,  di quella libertà senza limiti in nome della quale si può dare spazio anche ad ogni genere di sopruso. Di qui il paradosso per cui talune pretese  prive di alcun valore morale o sociale, anzi tali che, se soddisfatte, vanno a minare la stessa struttura della società, vanno subdolamente ad accaparrarsi addirittura un posto tra i diritti umani. Anche perché ormai la titolarità di un diritto umano non si nega a nessuno, fosse pure quello alla disumanità, cara all’ eccentrico (rispetto alla dottrina cattolica) segretario della Cei che di certo potrà dire col Vate “io ho quel che ho donato”.
 Nella società contemporanea si è dunque verificata una sorta di appropriazione indebita del termine “diritto” che un po’ tutti usano con negligenza e irresponsabilità. Senza mettere in conto che soprattutto sui suoi equivoci viene costruito l’ariete per demolire giorno dopo giorno la cinta muraria di una intera società.
Ma l‘abuso delle parole avviene anche quando ci si muove su un terreno estraneo come se fosse il proprio, o, in altre parole, quando si confondono i piani concettuali e si pretende di rivedere i propri principi secondo le categorie altrui. È quanto accade tutte le volte in cui la Chiesa dimentica la propria identità, i propri fini e anche il proprio credo, e adotta altri punti di vista, finalità e obiettivi. Basti pensare alla riduzione della propria funzione salvifica a funzione sociale. All’uso promiscuo di parole che appartengono sia al secolo che al cattolicesimo. Primo fra tutti quell’amore che è andato a sostituire con grande sollievo universale la giustizia divina, e che si sposa con la misericordia scesa a rappresentare la giustizia umana. Con il risultato rassicurante che nessuno giudica nessuno perché abolita la legge, sono abolite la trasgressione e la sanzione.
Così la Chiesa va inclinando verso l’incorporazione della morale laica autoassolutoria di Pannella, anzi la sorpassa nel tentativo di suggerire l’abolizione del codice penale come mezzo per risolvere i problemi di edilizia carceraria. E tutto ciò proprio mentre dall’altra parte c’è lo Stato che allunga progressivamente il proprio potere su ogni aspetto della esistenza umana fino ad occupare anche tutto lo spazio della morale.
Con la comparsa dei diritti umani questo processo di positivizzazione della morale è stato potenziato enormemente perché quanto stabiliscono gli organi internazionali è sinonimo di una giustizia superiore e l’assimilazione della loro legge alla legge giusta si è compiuto. Essi nell’utopia di fondare un’etica mondiale pretendono di incorporare la controfigura del diritto naturale, e la guerra ormai anacronistica delle organizzazioni internazionali, contro il cristianesimo, è la lotta contro una forza concorrente ritenuta ancora capace di insidiare il monopolio della nuova moralità universale. Guerra anacronistica dicevamo, perché proprio la chiesa è andata sposando l’idea suicida e irresponsabile che l’etica sovranazionale del nuovo ordine mondiale corrisponda grosso modo alla abbandonata legge naturale.
Infatti, pressata dall’ansia martiniana per l’aggiornamento, non ha trovato di meglio che sconfessare brutalmente come obsoleta proprio la legge naturale, addirittura in un documento ufficiale come l’instrumentum laboris di preparazione al sinodo, ispirato a sua volta a quella dichiarazione della Commissione teologica internazionale del 2009, che, riletta a posteriori, ha tutta l’aria di essere stata preordinata a futura memoria, pronta all’uso per i primi venti rivoluzionari.
A nulla è valso ovviamente il grandioso obiettivo di Benedetto XVI di ricondurre la Chiesa e il mondo alla  profondità e alla bellezza del grande pensiero cristiano, ancorato alla legge naturale e ai suoi principi immodificabili con o senza negoziazione. Ma il pensiero della Chiesa è andato sfilacciandosi nei decenni, tra tentazioni e contaminazioni che hanno fruttato lo scollamento e la degenerazione etica della società contemporanea, ed è approdato ora ad una dissennata resa senza condizioni.
Ora non c’è principe della Chiesa che non rilasci compunte dichiarazioni edificanti sulla importanza di certi valori, tipo quello della famiglia museale, sulla quale convergono tutti, preti celibi, pluridivorziati e aspiranti omogenitoriali, per poi subito precisare che comunque è cosa pia, da parte dello Stato, riconoscere “i diritti “ delle “coppie di fatto”, omo o etero che siano, senza darsi la pena di pensare che se tali coppie sono di fatto, non aspirano a diventare ”di diritto” per la contraddizion che nol consente, e che se dei diritti dovessero essere attribuiti loro, bisognerebbe prima che lo Stato spiegasse al popolo quale interesse collettivo giustifichi una tale attribuzione. Ora, dopo l’entourage di S. Marta e dopo l’ Arcivescovo di Milano,  anche il Patriarca di Venezia ha fatto sentire finalmente in materia la propria voce autorevole che, finora, pareva stentasse ad emergere. Anche lui dice che certi “diritti” vanno riconosciuti a tutti quelli che li accampano, secondo lo spirito democratico che soffia forte anche sulla Serenissima e sul suo consiglio comunale, quello delle favolette omoeducative.
Insomma la Chiesa che aveva avuto il mandato di insegnare le leggi della morale cristiana, quella deducibile senza fatica dal Vangelo e dai comandamenti, adesso propaganda  diritti inesistenti e, almeno secondo  il dettato evangelico, anche irriconoscibili. Forse perché non riesce ad afferrare più neppure il significato, non dico morale, che sarebbe pretender troppo, ma neppure pratico, di una materia trattata e ora maltrattata dalle genti che in epoca remota hanno persino abitato la culla del diritto.
http://www.riscossacristiana.it/la-societa-fondata-sulle-parole-di-patrizia-fermani/


Una luce nella notte


Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare? (Sal 12 [11], 3).
Oggi sono proprio le fondamenta della verità cristiana e le esigenze imprescindibili che ne derivano ad essere non solo scosse, ma in via di demolizione. Non sono soltanto questioni – di per sé già gravissime – come l’indissolubilità e la natura stessa del matrimonio ad essere in gioco, ma la distinzione basilare tra grazia e peccato, tra santità ed empietà, tra giustizia e iniquità. Di fronte all’avanzare di questa barbarie intellettuale e alla conseguente barbarie morale, non è soltanto la civiltà cristiana ad essere in pericolo, ma la stessa civiltà umana che ne è il sostrato: Gratia non tollit naturam, sed perficit Se, infatti, peccati tra i più gravi che esistano sono ammessi come opzioni del tutto lecite, perché altri non dovrebbero esserlo? Se la materia di un atto diventa indifferente per rilevarne l’intrinseca bontà o malizia e, nel secondo caso, riconoscerne la gravità, quale discernimento morale è più possibile?
Quanto sta succedendo – cosa purtroppo ormai più che evidente – è dovuto anche al fatto che una parte della gerarchia cattolica, anche ai più alti livelli, ha tradito Cristo per vendersi al mondo e a chi lo governa, cioè a Satana. In nome di una lotta puramente ideologica e apparente contro l’idolo del denaro, non si fa che incensare l’idolo dell’uomo e della sua riuscita temporale, trasmettendo un’idea di Dio come semplice funzione di essa. Questo, d’altronde, è il risultato diretto delle opinioni eterodosse di quella pseudo-teologia tedesca – che di propriamente teologico non ha più nulla nemmeno nel metodo – che, con il convincente sostegno del fiume di soldi estorti ai fedeli con l’iniqua tassa per il culto (Kirchensteuer) e dirottati verso l’America Latina sotto la voce «Aiuti allo sviluppo», è stata sdoganata in quelle regioni con l’intento di un’esecranda liberación… dalla fede cattolica e dalla sua dottrina morale.
Se ci è ormai insopportabile vivere in questa società regredita nella barbarie (ma in una barbarie tecnocratica ben peggiore di quella antica), è ancor più duro appartenere a questa Chiesa che si è in parte pervertita. È un vero e proprio martirio bianco, un interminabile martirio della coscienza. La Chiesa di Cristo, d’altronde, è una e non la si può abbandonare. Ma questa notte oscura, che pur dura già – nonostante schiarite passeggere – da ben mezzo secolo, sembra non avere fine… «Perché hai abbattuto la sua cinta, così che ogni viandante la vendemmia, la devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l’animale selvatico?» (Sal 80 [79], 13-14). Amando con tutto l’essere il Signore e la sua vigna diletta, possiamo rimanere indifferenti di fronte a tale catastrofica sorte?
In realtà, nonostante sembri dormire a poppa della barca (cf. Mc 4, 38), in questa notte Gesù è presente e all’opera. È Lui stesso che non solo l’ha permessa per distinguere chi Gli appartiene veramente, ma anche la rischiara suscitandovi focolai di speranza: sono tante persone che, singole o associate, resistono con la propria fedeltà, sostenuta dalla Sua grazia, allo sbandamento generale. È così che, grazie a Lui e anche per merito loro, per certi aspetti «la notte è chiara come il giorno» (Sal 139 [138], 12). È anche grazie a questa luce che possiamo continuare ad avanzare sulla linea retta del nostro cammino senza minimamente defletterne e a proclamare la verità senza mai venir meno, nonostante l’odio che essa suscita in chi ha preferito il mondo e le sue menzogne.
Come ci insegna sant’Antonio di Padova nei suoi Sermoni, «la verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell’odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come la verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell’odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo». Noi facciamo semplicemente il nostro dovere di cristiani, fedeli figli della Chiesa cattolica. Abbiamo dunque tutte le ragioni per essere nella pace e nella gioia.
«Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore. Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome» (Sal 97 [96], 11-12).

Don Giorgio Ghio
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CRISTIADA: i Cristeros secondo il Vaticano II

Quod non fecerunt sectæ, novatores fecerunt

Baronio
Un film sui Cristeros? Incredibile, a dir poco. E la scarsissima diffusione che questo film sta ottenendo dovrebbe esser prova sufficiente della bontà del suo messaggio, non fosse che in ragione del fatto che i nemici di Dio e della Chiesa sono ancora gli stessi, anche se la guerra contro Cristo Re è meno frontale ma proprio per questo più pericolosa. Così è legittimo ritenere che sia buona cosa diffonderlo e promuoverne la visione, in attesa che qualche distributore si decida a vincere le resistenze ideologiche, se non altro in vista di un qualche vantaggio economico. Ma ciò che inizialmente appare come un raggio di luce nelle tenebre del secolo presente alla fine dimostra di non essere all'altezza del compito. Ed è un gran peccato, anche in considerazione del cast e della qualità del film.

I nuovi fans della Gospa








Il vescovo sfida il diktat del Vaticano. “Sì a Medjugorje”   
Invitata a Palestrina la più celebre veggente mariana Mille Fedeli nonostante il divieto del capo dell’ex Sant’Uffizio -- «Ecco, la Madonna di Medjugorje mi ha parlato. Dice che ha tutti noi nel cuore, che vuole la pace nel mondo, che dobbiamo pregare. Alcune cose, però, non le posso dire, perché sono fra me e lei. Ma comunque farà altre apparizioni».
C’è chi applaude, chi sviene, chi si indigna.

Pelo, contropelo ed esorcismo..

Quanto fastidio dà Pell...


C'è chi cerca, in Curia, di delegittimare il sincero porporato australiano, capo della Segreteria delle Finanze, sottolineando il suo carattere brusco e diretto. Anche per i suoi interventi al Sinodo sulla famiglia. Ma forse ci sono altri motivi...
Adesso che la partenza del card. Burke dalla Segnatura è stata formalizzata, togliendo forza a una delle voci più sincere e indipendenti della Chiesa romana, in Curia parlano di una manovra strisciante per delegittimare il card. Australiano George Pell, capo della nuova Segreteria finanziaria ed economica, e anch’egli, come Burke, persona senza peli sulla lingua.  

Effetto Sinodo:

Luxuria alla tv dei vescovi
Vladimir Luxuria
A volte la storia sa essere proprio crudele: proprio mentre ieri pomeriggio all’assemblea straordinaria dei vescovi italiani riuniti ad Assisi, il cardinale Angelo Bagnasco, volendo difendere la famiglia naturale affermava giustamente che le unioni gay hanno «l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria», il trans Vladimir Luxuria annunciava alle agenzie che stasera sarà ospite, come opinionista, a Tv2000, guarda caso proprio la televisione di proprietà dei vescovi italiani. Se proprio vogliamo parlare di confusione bisogna dire che ai vertici della Chiesa italiana è l’unica cosa che abbonda.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona ?

Papa Francesco: dimissioni in vista? La folla lo ama, ma il Vaticano?



ROMA – La notizia è clamorosa e l’ha sparataDagospia, ma Blitz l’ha ventilata già 11 mesi or sono: per l’esattezza, il 13 dicembre dell’anno scorsoPapa Francesco è dunque alla vigilia dal dimettersi da pontefice? Eletto 266° successore di Pietro il 13 marzo dell’anno scorso, per gettare la spugna gli è bastato appena un anno e mezzo? Compirà lo stesso gesto di rinuncia del suo predecessore Papa Ratzinger? Un gesto che sorprende e disorienta perché nella lunga storia della Chiesa è stato compiuto solo dal pontefice Celestino V nel lontano 13 dicembre 1294, dopo appena tre mesi e mezzo dall’investitura, avvenuta il 13 dicembre dello stesso anno.
Fonti vaticane confermano che Francesco pur essendo amato dalle folle e anche da intellettuali agnostici o atei del calibro di Eugenio Scalfari non è affatto amato dalla curia vaticana.

lunedì 10 novembre 2014

In media non stat virtus

Mauro Leonardi, l’ennesimo prete mediatico?

TOTALITARISMO VATICANO




uel che ho sempre mal sopportato del progressismo liberale all’interno della Chiesa è la sua arroganza totalitaria. Quanto vive oggi la Chiesa sotto la dittatura di Bergoglio e del suo direttorio è però ben altra cosa rispetto alle spallate che il progressismo militante intendeva assestare al papato e al magistero. Siamo in poche parole al di là dei soliti schieramenti e dunque è diventata anche obsoleta l’arroganza che si è trasformata in protervia, in dispotismo rancoroso, in intolleranza bolscevica.

Francesco e lo scisma.

Brevi considerazioni all'indomani della rimozione del Cardinale Burke



Beatus vir, qui non abiit in consilio impiorum, et in via peccatorum non stetit, et in cathedra pestilentiae non sedit: sed in lege Domini voluntas eius, et in lege eius meditabitur die ac nocte. (Ps.I)

La rimozione del Cardinale Burke é l'ultimo atto dell'esecuzione di un progetto inaugurato con il primo Angelus in cui Francesco promosse il Cardinale Kasper a "teologo in gamba". Bergoglio suole abbozzare e poi dipingere il quadro aggiungendo particolari sempre più precisi. Anche ciò che appare dapprima assolutamente casuale, si può rivelare di lì a poco parte essenziale di un vasto disegno.

Fumetti o scherzetti?

L'Angelus di Francesco (09.11.2014)


http://vaticaninsider.lastampa.it/angelus-a-fumetti/articolo/articolo/37410/

I palestinesi aprono una breccia nel muro che li divide da Israele


“Non importa quanto alti siano i muri, cadranno".

In fondo anche Lui è un santo..

Suora a Sanremo 
"Io a Sanremo? Potrei accogliere la possibilità, aspetto un invito, siamo aperte a tutto". Questo ha dichiarato Suor Cristina, ospite di Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, dove ha presentato per la prima volta in una trasmissione tv il suo disco Sister Cristina, in uscita per Universal Music l'11 novembre.La vincitrice dell'ultima edizione di The Voice of Italy ha commentato la sua esplosione mediatica, fatta di numeri come i 70 milioni di visualizzazioni in rete della sua prima esibizione al talent show: «La mia non è fama, la vivo come un messaggio che non dipende da me».L'amore per il canto accompagna la religiosa fin dall'adolescenza («prima mi ha allontanato da Dio e poi mi ci ha riportato»), ma la partecipazione a The Voice ha avuto anche un altro significato: «La musica è soltanto un mezzo per dimostrare che ho incontrato Cristo: grazie a The Voice siamo arrivate nelle periferie con i doni che abbiamo, seguendo l'invito di Papa Francesco».Per Suor Cristina la musica non è solo un dono, ma anche una passione: «Elisa e Giorgia sono le mie preferite, ma quando sono andata in Brasile ho imparato ad amare anche il rock cristiano, mi piace molto il suo ritmo».A rimanere affascinati dalla religiosa sono state anche star internazionali come Alicia Keys e Whoopi Goldberg, che hanno scritto tweet sulla sua versione di `No One´, e Madonna che ha commentato il primo singolo di Suor Cristina, `Like a Virgin´, cover di un suo successo del 1984: «ha detto che siamo `sisters for life´? La musica è una cosa che unisce».Sulla scelta del primo singolo, dal testo originariamente provocatorio, Suor Cristina dice: «Ho guardato alle parole senza pensare al passato: la caratteristica dei cristiani è di vedere tutto con occhi nuovi». La copertina dell'album ritrae la religiosa seduta accanto a una sedia vuota: «quella sedia rappresenta l'accoglienza, la Chiesa è sempre stata aperta a tutti, ora anche di più».  



SPETTACOLO

Suor Cristina: «Io a Sanremo? Non lo escludo»

Dopo il successo a The voice of Italy, la religiosa punta al palco del teatro Ariston.

Suor Cristina, ospite di Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, dove ha presentato per la prima volta in una trasmissione tv il suo discoSister Cristina, vuole il teatro Ariston. «Io a Sanremo? Potrei accogliere la possibilità, aspetto un invito», ha detto, «siamo aperte a tutto».
La vincitrice dell'ultima edizione di The Voice of Italyha commentato la sua esplosione mediatica, fatta di numeri come i 70 milioni di visualizzazioni in rete della sua prima esibizione al talent show: «La mia non è fama, la vivo come un messaggio che non dipende da me».

Sport e dottrina.

Nella squadra del cardinale Ravasi c’è chi vuole le donne sacerdote

ravasi
Con papa Francesco a Santa Marta e Matteo Renzi a Palazzo Chigi i contatti tra le due sponde del Tevere sembrano aver toccato il minimo storico, da quando l’Italia è una repubblica.
Colpa o merito, secondo i punti di vista, da una parte della scarsa propensione di Jorge Mario Bergoglio ad avere a che fare con la “politique politicienne” e dall’altra del disinteresse del presidente del consiglio di formazione scout ad avere a che fare con le gerarchie ecclesiastiche, vaticane o della conferenza episcopale che siano.

The show goes on!

Tutto come previsto ... Ed oggi il Gospa Show prosegue con Brosio su Pomeriggio 5.

Vicka a Fiuggi


Intervista
per La Vita in Diretta

Il video con apparizione a Vicka