La requisitoria del canonista
Il cardinale Velasio De Paolis riapre il fuoco contro la comunione ai
divorziati risposati: "Se approvata, le conseguenze sarebbero di una
gravità inaudita". Il rebus di papa Francesco
ROMA, 9 dicembre 2014 – Da oggi è di dominio pubblico la traccia
preparatoria del prossimo sinodo dei vescovi, dedicato, come il
precedente, al tema della famiglia:
> Sinodo dei vescovi. "Lineamenta" per la XIV assemblea generale ordinaria, 4-25 ottobre 2015La
traccia – in latino "lineamenta" – ha come base di partenza la
"Relatio" finale del sinodo dello scorso ottobre, ma poi prosegue
riformulandone i vari punti in forma di domande. Il questionario, per
ora diffuso soltanto in italiano, sarà inviato nei prossimi giorni in
più lingue alle conferenze episcopali di tutto il mondo, che potranno
sottoporlo a una cerchia anche amplissima di persone.
A detta del
cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo, la
finalità del sondaggio sarà "l'approfondimento delle questioni
affrontate nel dibattito, di tutte, ma soprattutto di quelle che hanno
bisogno di essere discusse in modo più accurato".
Con ciò, il
cardinale ha alluso alle due questioni che in effetti sono state quelle
più controverse, nel sinodo dello scorso ottobre. Talmente controverse
da non aver ottenuto, nella loro formulazione finale, i due terzi dei
voti necessari per l'approvazione.
Sono le questioni che riguardano la comunione ai divorziati risposati e l'omosessualità.
Dei
62 paragrafi che componevano la "Relatio", infatti, i tre dedicati a
tali questioni sono i soli che non sono stati approvati, anche se – per
volontà di papa Francesco – sono stati ugualmente mantenuti nel testo
reso pubblico, assieme all'esito delle rispettive votazioni.
Nel questionario diffuso oggi, la domanda riguardante la comunione ai divorziati risposati è la n. 38:
"La
pastorale sacramentale nei riguardi dei divorziati risposati necessita
di un ulteriore approfondimento, valutando anche la prassi ortodossa e
tenendo presente 'la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e
circostanze attenuanti'. Quali le prospettive in cui muoversi? Quali i
passi possibili? Quali suggerimenti per ovviare a forme di impedimenti
non dovute o non necessarie?".
Mentre quella riguardante l'omosessualità è la n. 40:
"Come
la comunità cristiana rivolge la sua attenzione pastorale alle famiglie
che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale? Evitando
ogni ingiusta discriminazione, in che modo prendersi cura delle persone
in tali situazioni alla luce del Vangelo? Come proporre loro le esigenze
della volontà di Dio sulla loro situazione?".
Il tema del
sinodo, naturalmente, non si esaurisce in queste due questioni, ma
riguarda piuttosto il destino presente e futuro del matrimonio cristiano
in quanto tale. Basti pensare al generale declino numerico dei
matrimoni sia civili che sacramentali, i quali ultimi stanno calando a
picco anche in un paese cattolico come l'Italia, dove nell'ultimo mezzo
secolo sono precipitati da 414.652 (nel 1963) a 111.545 (nel 2013), con
un ritmo di decrescita che prelude alla loro scomparsa tra meno di
vent'anni.
Sta di fatto, però, che la comunione ai divorziati
risposati continua ad essere la questione più dibattuta, perché a
dispetto della sua applicazione numericamente molto ristretta mette
comunque in gioco il senso ultimo sia del matrimonio cristiano sia del
sacramento dell'eucaristia, cioè di due colonne portanti del
cristianesimo.
Il testo che segue è una prova di quanto
vivacemente questo dibattito prosegua. Ne è autore il cardinale Velasio
De Paolis, 79 anni, missionario scalabriniano, canonista illustre,
presidente emerito della prefettura degli affari economici della Santa
Sede.
Già prima del sinodo dello scorso ottobre De Paolis aveva
pubblicamente preso posizione contro le tesi a favore della comunione ai
divorziati risposati, sostenute più di tutti dal cardinale Walter
Kasper.
L'aveva fatto in una conferenza tenuta il 27 marzo a
Perugia, come prolusione inaugurale del nuovo anno giudiziario del
tribunale ecclesiastico dell'Umbria:
> I divorziati risposati e i sacramenti dell'eucaristia e della penitenzaLa
conferenza era stata poi ripubblicata in Spagna nella rivista "Ius
Communionis" (2, 2014, pp. 203-248) e in Italia e negli Stati Uniti nel
volume a più voci uscito alla vigilia del sinodo con gli interventi di
altri quattro cardinali anch'essi critici delle posizioni di Kasper:
"Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e Comunione nella Chiesa cattolica", Cantagalli, Siena, 2014."Remaining in the Truth of Christ. Marriage and Communion in the Catholic Church", Ignatius Press, San Francisco, 2014.Ma
ora De Paolis è tornato sull'argomento prendendo ad oggetto delle sue
critiche proprio quel paragrafo 52 della "Relatio" finale del sinodo
dello scorso ottobre riguardante i pro e i contro la comunione ai
divorziati risposati.
A giudizio del cardinale De Paolis, questo
paragrafo non solo è in sé incoerente e contraddittorio, ma "le novità
che si introdurrebbero se fosse approvato sarebbero di una gravità
inaudita", perché minerebbero le stesse fondamenta del dogma e della
morale cattolica.
Questo è il rimando al testo integrale della
conferenza, tenuta il 26 novembre alla facoltà di diritto canonico
dell'Università San Dámaso di Madrid:
> Caminos adecuados para la pastoral de los divorciados vueltos a casarMentre qui di seguito è riprodotta la sua sezione finale.
Con
l'avvertenza che le considerazioni di De Paolis contro la comunione ai
divorziati risposati egli le applica anche a tutte le altre situazioni
irregolari di convivenza, come spiega nella prima parte della sua
conferenza.
__________
LA PROPOSIZIONE N. 52 DEL SINODO STRAORDINARIO SULLA FAMIGLIA
di Velasio De PaolisIl
tema dell'accesso ai sacramenti, specialmente all'eucarestia, da parte
dei divorziati risposati é stato oggetto di riflessione nel sinodo
straordinario dei vescovi dello scorso mese di ottobre. A questo fa
riferimento la proposizione n. 52 della "Relatio" finale, che dice:
"Si
è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai
sacramenti della penitenza e dell’eucaristia. Diversi padri sinodali
hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto
costitutivo fra la partecipazione all’eucaristia e la comunione con la
Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si
sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa
eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben
precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad
obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze
ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da
un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano.
Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione
tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che
'l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite
o annullate' da diversi 'fattori psichici oppure sociali' (Catechismo
della Chiesa Cattolica, 1735)".
1. Il senso della proposizione sinodale
Il
testo non ha raccolto un numero sufficiente di adesioni, cioè i due
terzi dei voti, ragione per cui non è stato approvato dal sinodo;
pertanto, non dovrebbe considerarsi un testo sinodale. Ma bisogna dire
subito che è difficile valutare il significato della votazione. Il testo
si compone di varie parti non omogenee, persino contrapposte, anche con
motivazioni inadeguate o non totalmente appropriate o, perlomeno,
incomplete, nel raccordarsi con le fonti dottrinali.
In effetti
la proposta comincia con un dato di cronaca: si è riflettuto sul tema.
Poi fa riferimento a una corrente di padri che sono favorevoli alla
disciplina attuale e ad altri che sono favorevoli a un cambio nella
disciplina. Il testo prosegue spiegando in quali punti dovrebbe cambiare
la disciplina attuale, segnalando anche quale sarebbe la responsabilità
che dovrebbe competere al vescovo. Infine conclude con un avvertimento e
un invito a un maggiore approfondimento, suggerendo anche alcuni
elementi per farlo. Pertanto, un eventuale voto contrario o di
approvazione del testo non si sa bene a cosa riferirlo.
2. Limiti della proposizione
La
proposizione si presenta con una formulazione limitata. Si riferisce a
una categoria limitata di persone che vivono in una situazione di unione
irregolare: i divorziati risposati. Si tratta di una categoria che
meriterebbe, secondo la proposizione, un'attenzione particolare ed
eccezionale, motivata dalle situazioni particolari degne di
considerazione che questa categoria potrebbe presentare, come
effettivamente il testo spiega subito dopo.
Non è difficile
trovare in queste parole alcuni elementi significativi della proposta
del cardinale Kasper. Ma abbiamo già avuto occasione di studiare questa
proposta e di verificare che non è stata sostenuta da alcun argomento
valido. Del resto quella proposta era già stata a conoscenza
dell'autorità competente, che l'aveva studiata e respinta, non trovando
in essa elementi che la potessero sottrarre a una valutazione secondo i
principi dottrinali dei documenti della Chiesa. Pertanto, l'ipotesi
avanzata nella proposizione sinodale era già stata studiata e valutata
in maniera esplicita e si era arrivati alla conclusione che non
implicava principi eccezionali ma rientrava nella categoria dei principi
generali, dato che, dal punto di vista della gravità morale e in ordine
all'accesso all'eucarestia, l'ipotesi avanzata nella proposta
costituisce in tutti i casi una violazione grave della morale coniugale e
della disciplina della Chiesa, che non può permettere l'accesso
all'eucarestia. Per questo motivo i documenti della Chiesa non fanno mai
una distinzione tra le diverse categorie di persone che convivono in
unioni irregolari: le varie tipologie di persone che convivono
irregolarmente non si distinguono per quanto si riferisce alla
convivenza coniugale e all'accesso all'eucarestia.
Inoltre, le
condizioni in virtù delle quali si pretenderebbe una considerazione
speciale per i divorziati risposati possono verificarsi in tutti quelli
che si trovano in situazioni irregolari. E, in alcuni casi, la
situazione potrebbe persino aggravarsi: potrebbe sembrare un premio e un
invito a stabilire nuovi vincoli.
Possiamo ancora fare
un'ulteriore considerazione. La proposizione, nel restringere l'ipotesi a
una categoria specifica, riconosce il valore dottrinale e normativo dei
documenti della Chiesa che regolano la materia. E, visto che la
proposizione invita a un approfondimento, si evidenzia una certa
perplessità sulla proposta stessa. Su che cosa può consistere questo
approfondimento? Non sul valore dottrinale e normativo dei documenti, ma
sulla possibile eccezione contenuta nella proposizione. E da dove può
sorgere il dubbio se non dal fatto che la proposizione contiene in sé
un'eccezione alle due condizioni essenziali per l'accesso
all'eucarestia, dal momento che si verifica una violazione grave della
legge morale naturale e una situazione personale non idonea per accedere
all'eucarestia?
In effetti, anche in questa categoria dei
divorziati risposati si trovano presenti le due condizioni che
impediscono l'accesso all'eucarestia, il che porta l'autorità
ecclesiastica a non poter agire in un altro modo, poiché l'autorità
ecclesiastica non può disporre della legge naturale e divina: il
rispetto della legge naturale del matrimonio e la necessità della grazia
santificante.
Le situazioni descritte potrebbero non consentire
la separazione delle due persone che stanno convivendo in un'unione
irregolare, però non richiedono necessariamente la vita in comune "more
uxorio" e la situazione permanente di peccato.
3. Disciplina, dottrina o magistero?
Osserviamo
che la stesura del testo della proposizione genera equivoci. Si parla
di "disciplina attuale" e di una possibile modifica alla stessa, ma
questo suscita qualche dubbio, che esige un approfondimento. In realtà,
la normativa vigente non è soltanto una "disciplina attuale", come se si
trattasse di una norma meramente ecclesiastica e non di norme divine,
sancite dal magistero, con motivazioni dottrinali e magisteriali che
riguardano i fondamenti stessi della vita cristiana, della morale
coniugale, del senso e rispetto dell'eucarestia e della validità del
sacramento della penitenza. Ci troviamo dinanzi a una disciplina fondata
sul diritto divino. Non si sottolinea abbastanza che i documenti della
Chiesa in questa materia non impongono obblighi da parte dell'autorità,
bensì affermano che l'autorità ecclesiastica non può agire diversamente,
perché questa "disciplina" non può essere modificata nei suoi elementi
essenziali. La Chiesa non può agire diversamente. Non può modificare né
la legge naturale né il rispetto della natura dell'eucarestia, perché è
in questione la volontà divina.
La proposizione, nella misura
nella quale prevede la possibilità di ammettere alla comunione
eucaristica i divorziati risposati costituisce, di fatto, un cambio
dottrinale. E questo contrariamente al fatto che si afferma che non si
vuole modificare la dottrina. D'altra parte, la dottrina, per sua
propria natura, non è modificabile se è oggetto del magistero autentico
della Chiesa. Prima di parlare e di trattare di un'eventuale modifica
della disciplina vigente, è necessario riflettere sulla natura di questa
disciplina. Nell'affrontare questa materia si dovrebbe, in primo luogo,
riflettere su questa dottrina e sul suo grado di fermezza; bisogna
studiare bene ciò che può essere modificato e ciò che non si può
modificare. Il dubbio è stato insinuato nella stessa proposizione quando
chiede un'approfondimento, che deve essere dottrinale e previo a
qualsiasi decisione.
Possiamo chiederci anche se è competenza di
un sinodo dei vescovi trattare una questione come questa: il valore
della dottrina e della disciplina vigente nella Chiesa, che si sono
formate nel corso dei secoli e sono sancite con interventi del magistero
supremo della Chiesa. Inoltre, chi è competente per modificare il
magistero di altri papi? Questo costituirebbe un precedente pericoloso.
D'altra parte, le novità che si introdurrebbero se fosse approvato il
testo della proposizione sarebbero di una gravità inaudita:
a) la
possibilità di ammettere alla comunione eucaristica con approvazione
esplicita della Chiesa una persona in stato di peccato mortale, con
pericolo di sacrilegio e di profanazione dell'eucarestia;
b)
facendo così si mette in discussione il principio generale della
necessità dello stato di grazia santificante per poter accedere alla
comunione eucaristica, specialmente ora che si è introdotta o si sta
introducendo nella Chiesa una prassi generalizzata di accedere
all'eucarestia senza una previa confessione sacramentale, anche se si ha
coscienza di trovarsi in peccato grave, con tutte le deleterie
conseguenze che questa prassi comporta;
c) l'ammissione alla
comunione eucaristica di un fedele che convive "more uxorio"
significherebbe mettere in discussione anche la morale sessuale, fondata
particolarmente sul sesto comandamento;
d) inoltre, in questo
modo si darebbe rilevanza alla convivenza o ad altri vincoli,
indebolendo di fatto il principio della indissolubilità del matrimonio.
4. Le motivazioni addotte per conservare la disciplina vigente
Riguardo
a questo, la proposizione afferma quanto segue: "Diversi padri sinodali
hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del
rapporto costitutivo fra la partecipazione all’eucaristia e la comunione
con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile".
Il
testo non è molto chiaro e, in ogni caso, è insufficiente perché non
pone l'accento sulla problematica coinvolta. Non si tratta solo di
ragioni disciplinari da decidere d'accordo con la maggioranza, ma di una
dottrina e di un magistero indisponibile, che certamente va oltre le
competenze di un sinodo straordinario dei vescovi. In realtà, in questo
problema sono implicate questioni dottrinali di estrema importanza, alle
quali abbiamo fatto riferimento. Si deve specificare che la ragione
prima del divieto di accedere all'eucarestia è, semplicemente, la
condizione nella quale si trova il divorziato che convive maritalmente
con un'altra persona: una condizione di peccato grave oggettivo. Il
fatto che questa condizione sia causata dal divorzio o dall'eventuale
nuovo vincolo civile non ha rilevanza sulla condizione morale che
esclude l'eucarestia: trovarsi in uno stato permanente di violazione
della norma morale della Chiesa.
5. Approfondimenti
La
proposizione sostiene quanto segue: "Va ancora approfondita la
questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva
di peccato e circostanze attenuanti, dato che 'l’imputabilità e la
responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate' da
diversi 'fattori psichici oppure sociali' (Catechismo della Chiesa
Cattolica, 1735)".
Il testo afferma la necessità di un
approfondimento da un solo punto di vista, abbastanza debole. Di fatto,
si cita il Catechismo della Chiesa Cattolica, con il quale non è
possibile non essere d'accordo. Il problema sta nel fatto di sapere
quanto incide questo paragrafo del Catechismo della Chiesa Cattolica
nella problematica qui trattata. La prima fonte della moralità è quella
oggettiva. Ed è della moralità oggettiva che stiamo qui trattando.
__________
E COSA NE DICE IL PAPA?A
proposito della comunione ai divorziati risposati, papa Francesco ha
espresso un'ultima volta il suo pensiero nell'intervista che ha dato a
Elisabetta Piqué sul quotidiano argentino "La Nación" del 7 dicembre
(vedi foto):
"Nel caso dei divorziati risposati, che facciamo con
loro, che porta si può aprire? C'è un'inquietudine pastorale: allora
andiamo a dare loro la comunione? Non è una soluzione dare loro la
comunione. Questo solo non è la soluzione, la soluzione è
l'integrazione. Non sono scomunicati, certo. Però non possono essere
padrini di battesimo, non possono leggere le letture a messa, non
possono distribuire la comunione, non possono insegnare il catechismo,
non possono fare sette cose, ho l'elenco qui. Basta! Se racconto questo,
sembrerebbero scomunicati di fatto! Allora, aprire un po' di più le
porte".
Nella stessa intervista, Francesco ha rivendicato la chiarezza delle proprie formulazioni:
"Uno
mi ha detto una volta: 'Sì, certo, il discernimento va bene, ma abbiamo
bisogno di cose più chiare'. Gli ho detto: 'Guardi, ho scritto
un'enciclica e un'esortazione apostolica, di continuo faccio
dichiarazioni e tengo omelie, e questo è magistero. Ciò che sta lì è ciò
che penso, non ciò che i media dicono che io pensi. Vada lì e lo trova
ed è ben chiaro'".
Resta tuttavia il fatto che quanto detto dal
papa in questa intervista a proposito della comunione ai divorziati
risposati si presta ancora una volta a dubbi interpretativi. Vi si può
leggere, infatti, sia un rifiuto della "soluzione" di dare loro la
comunione, sia un assenso a questa stessa soluzione, come parte di una
più complessiva "integrazione" degli stessi soggetti.
di Sandro MagisterIl testo completo, in più sezioni, dell'intervista a "La Nación":
> Francisco: "Dios me da una sana dosis de inconsciencia"
> El sínodo: "Los divorciados vueltos a casar parecen excomulgados"> Sobre la Argentina: "El país tiene que llegar al término del mandato en paz"> Cambio en la Guardia Suiza: "Fue una mera renovación…"
> La intimidad de la entrevista: humor y anécdotasMentre questa è la sua traduzione in italiano, uscita su "L'Osservatore Romano" in data 10 dicembre:
> Coraggio di parlare, umiltà di ascoltare__________
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350935