«Abbiamo veduto la sua stella in Oriente» (Mt., 2, 2), dicono i Magi mentre stanno cercando di individuare il Messia venuto al mondo in un oscuro villaggio della Palestina, dopo essersi messi in viaggio, dalle loro terre lontane, appositamente a tale scopo.
Milleseicento anni dopo, Galileo Galilei punta il cannocchiale verso il cielo, scopre i satelliti di Giove, le montagne della Luna, l’anello di Saturno e subito scrive un’opera, il «Sidereus Nuntius», per annunciare all’umanità le sue grandi scoperte, delle quali va fierissimo.
Esiste una relazione tra questi due fatti, nella storia della cultura occidentale? E, se sì, è possibile vedere in essa il segno di un radicale ribaltamento della prospettiva cosmologica e spirituale dell’umanità, non tanto da una visione geocentrica ad una eliocentrica, quanto da una dominata dalla Provvidenza divina a una dominata dallo spirito prometeico, anzi, faustiano: spirito di orgogliosa competizione dell’uomo nei confronti del divino e quasi di sfida, magari a costo di stringere un patto con le forze diaboliche per acquisire sapere e potenza? Vediamo.