TEOLOGIA "PARACONCILIARE"
È sorta una teologia «paraconciliare» che vorrebbe cancellare l’idea stessa del sacro. La svolta antropologica nella cultura della Chiesa e nell’attegiamento dei vescovi e dei sacerdoti in cui ogni cosa, anche i sacramenti
di Francesco Lamendola
Non è successo molte volte, nella storia, che di un nome, di una espressione oggettiva, mirante a indicare un fatto preciso, si sia fatto un simbolo, un’astrazione, un programma per il futuro: e che quel programma non avesse niente a che vedere con il nome, anzi, che si sia creata una sfasatura abissale, una discontinuità incolmabile, fra il significato ed il significante – come direbbe un esperto di semiotica.
Stiamo parlando del Concilio Vaticano II: di un evento ben definito, che ha una storia ed una storiografia; che ha avuto un principio ed una fine: che ha fatto discutere, ma, soprattutto, che ha prodotto una serie di testi, di documenti, di indicazioni abbastanza precise: ma che, fin dall’inizio, prima ancora che fosse chiuso – anzi, per dirla tutta, prima ancora che fosse aperto – già aveva subito, nel racconto deformante dei media e nelle manipolazioni dell’immaginario collettivo, un significato, una portata, una direzione ed un’interpretazione univoci, discutibili, parziali, tali da forzarne la realtà e la verità, per proiettarlo in un mondo mitico, in una dimensione utopistica, in uno spazio magico sottratto alla vera e razionale discussione, tutto rivolto alla palingenesi dell’umanità, a una sorta di messianismo secolare, a una paradossale escatologia del finito, a una sconcertante metafisica dell’immanenza.